Onorevoli Colleghi! - La Sicilia ha risorse produttive, capitale umano e saperi per essere protagonista della ripresa e dei processi di innovazione e di competitività del Mezzogiorno e dell'intero Paese.
      Le risorse pubbliche non sono illimitate. E quelle disponibili sono oggi, in buona parte, disperse, male impiegate e non valorizzate: occorre prevedere specifici interventi a sostegno delle grandi energie dell'isola, per affrontare le emergenze, uscire dalla crisi e costruire, con la partecipazione dei cittadini, un futuro più sicuro.
      La presente proposta di legge dispone interventi prioritari per la Sicilia lungo cinque linee guida:

          1) per favorire l'accesso al credito, la crescita dimensionale, la capitalizzazione e la successione di impresa, contributi allo sviluppo dei consorzi di garanzia collettiva fidi e incentivi alla raccolta di risorse di mercato;

          2) «l'adozione» di 300 nuovi ricercatori universitari da parte di imprese, che potranno per questo beneficiare di un credito di imposta; incentivi alle imprese per l'introduzione di prodotti, servizi e processi innovativi, e per lo sviluppo di progetti elaborati congiuntamente con il mondo della ricerca;

          3) interventi per un'agricoltura più moderna e competitiva: risorse per le infrastrutture materiali e immateriali per l'effettivo avvio della Borsa agricola nel territorio della Sicilia, in modo da garantire la trasparenza dei prezzi e un'efficace

 

Pag. 2

programmazione delle produzioni agricole, contributi in conto interessi per il credito a lungo termine e incentivi alla costituzione e allo sviluppo di organizzazioni di produttori per un'efficiente distribuzione dei prodotti sul mercato;

          4) Stato, enti locali e partner privati insieme per il rilancio delle infrastrutture siciliane;

          5) per i precari, l'istituzione di uno specifico fondo per la maggiorazione del trattamento previdenziale e dell'assegno sociale, nonché incentivi alla stabilizzazione e all'inserimento professionali.

      Gli interventi previsti hanno essenzialmente lo scopo di cogliere le nuove opportunità che si prospettano per la Sicilia in un Mediterraneo ora nuovamente al centro degli equilibri geo-economici globali: l'intento è di conseguire risultati efficienti, efficaci, a breve termine, con un impatto economico programmabile, ma soprattutto qualificato e finalizzato a obiettivi individuati.
      L'economia siciliana ha nell'agricoltura un suo pilastro primario. Ma, nell'isola, si sconta un gap strutturale rispetto al contesto nazionale: piccole aziende, ancora «troppo vecchie» e poco orientate all'innovazione.
      La Sicilia può invece essere in prima fila nel rilancio dell'agricoltura nel Mezzogiorno, che pur rappresentando oltre il 40 per cento della produzione agricola nazionale, risulta poco presente sul mercato nazionale e su quelli internazionali. Infatti, le produzioni agricole del Mezzogiorno coprono l'export per un ammontare inferiore al 15 per cento.
      La Borsa merci telematica italiana, il mercato telematico regolamentato dei prodotti agricoli, alimentari e ittici, realizzato attraverso la piattaforma telematica, accessibile da postazioni remote, è stata istituita con il regolamento di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 6 aprile 2006, n. 174. La Borsa agricola ha un ruolo essenziale nel determinare il prezzo di mercato di ogni prodotto agricolo: questo consente ai produttori di accedere all'informazione in tempo reale per conoscere le condizioni di mercato. Attualmente, per gran parte delle produzioni, l'imprenditore agricolo consegna il proprio prodotto alla rete di commercializzazione senza contribuire a determinare e senza neppure conoscere il prezzo che gli verrà corrisposto per la partita di produzione ceduta. L'istituzione di una Borsa agricola è grande garanzia di legalità, e consente al produttore di prevedere i margini di profitto della produzione, di proteggere il proprio prodotto e di programmare la propria attività a più lungo termine. L'istituzione della Borsa agricola, ai sensi del citato regolamento di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 6 aprile 2006, n. 174, risulta però inutile in assenza di una rete regionale di consultazione per la definizione dei prezzi da parte degli stessi produttori agricoli. Pertanto, all'articolo 1, per accelerare e sostenere un rapido avvio della Borsa agricola nel territorio della Regione Siciliana, ai sensi e per gli effetti della Borsa merci telematica italiana di cui al medesimo regolamento, si prevede il finanziamento delle infrastrutture materiali e immateriali necessarie per l'accesso delle imprese agricole siciliane alla Borsa merci telematica italiana mediante un'autorizzazione di spesa di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008.
      All'articolo 2, allo scopo di assicurare al comparto agrario finanza di lungo termine, con oneri finanziari sostenibili per le imprese agricole, si prevede un contributo in conto interessi sui finanziamenti alle piccole e medie imprese agricole a carico del bilancio dello Stato. Il contributo è concesso sui prestiti ad ammortamento di durata superiore ai dieci anni, contratti da imprese, da cooperative o da organizzazioni di produttori con istituti di credito, in misura non superiore al 65 per cento del tasso di riferimento per le operazioni di credito agrario oltre i 60 mesi. L'efficacia delle disposizioni di cui al presente articolo è subordinata, ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, e successive modificazioni, a preventiva approvazione

 

Pag. 3

da parte della Commissione europea.
      All'articolo 3, per consolidare la forza di mercato delle singole imprese produttrici e per la razionalizzazione della proprietà fondiaria, si prevede che i versamenti compiuti dai soci al fondo di esercizio delle organizzazioni dei produttori della Sicilia possano beneficiare di un credito d'imposta. Si dispone inoltre che le spese, documentate e documentabili, per gli adempimenti necessari ad operazioni di costituzione di organizzazioni di produttori, in tutta la Sicilia, siano a carico dello Stato.
      Per garantire il contenimento dei consumi e dei costi energetici delle piccole e medie imprese, all'articolo 4 sono disposti interventi sulla misura delle accise gravanti sui prodotti petroliferi immessi al consumo nel territorio della Regione Siciliana, al fine di incentivare l'economia della regione, con la riduzione, in particolare, dell'accisa sul gasolio usato come carburante per i mezzi adibiti al trasporto merci e alla pesca, per ridurre l'incidenza dei prezzi internazionali del petrolio in modo particolare sulla pesca e sul trasporto da e per le isole. È inoltre prevista, al medesimo articolo, un'agevolazione fiscale sul carburante agricolo, per le imprese agricole e agromeccaniche che effettuino, a favore delle imprese del comparto, specifiche lavorazioni, nonché per i consorzi di bonifica e di irrigazione. Si tratta di attivare e rafforzare alcune misure, già previste dal «pacchetto Sicilia» dal centrosinistra nella legge finanziaria del 2001 (legge n. 388 del 2000), a valere sulle risorse disponibili all'articolo 137.
      Presso la Commissione europea è in discussione una proposta di direttiva sulle condizioni di lavoro dei lavoratori temporanei.
      Questo significa che - non appena sarà approvata in via definitiva la direttiva europea - in tutti i Paesi dell'Unione nessun rapporto di lavoro potrà sfuggire al principio generale della «parità di trattamento» stabilito in sede europea, in base al quale i lavoratori temporanei dovranno beneficiare delle medesime condizioni e, soprattutto, degli stessi diritti dei lavoratori a tempo indeterminato.
      In Sicilia, dove il «precariato» è un problema cronico di difficile soluzione - basti pensare che i precari nell'Isola sono 54 mila, il 59 per cento dei circa 92 mila lavoratori socialmente utili presenti in Italia - occorre assumere immediate misure per il riconoscimento della «parità di trattamento», per favorire la stabilizzazione e per arrestare la formazione di nuovo precariato.
      Per questo, riteniamo necessario:

          a) il riconoscimento - ai fini pensionistici - dei diritti maturati come lavoratori temporanei, gran parte dei quali oggi, in Sicilia, non ha alcuna copertura contributiva;

          b) evitare la formazione, in futuro, di lavoro precario;

          c) favorire la stabilizzazione dei precari mediante una strategia di inserimento professionale e sgravi contributivi analoghi a quelli dei lavoratori in mobilità.

      È necessario affrontare questo problema in quanto è verosimile che le contribuzioni maturate e da maturare relative ai lavoratori precari potrebbero non dare luogo ai requisiti necessari per il diritto al trattamento pensionistico al raggiungimento dell'età limite.
      Per la gran parte dei lavoratori del bacino del precariato, anche volendo riconoscere, infatti, i contributi per le attività svolte e per le ore effettuate, il numero delle settimane utili, considerato l'orario ridotto, sarebbe tale da non rendere possibile una prestazione previdenziale in misura superiore al minimo pensionabile.
      Vi è da considerare, inoltre, che un'eventuale ricostruzione dei periodi di lavoro utili ai fini contributivi sarebbe, oltre che complessa, anche molto onerosa sotto il profilo amministrativo (l'Istituto nazionale della previdenza sociale dovrebbe ricostruire tutto il percorso lavorativo di ciascun precario con il rischio

 

Pag. 4

evidente di un aumento esponenziale del contenzioso amministrativo).
      All'articolo 5 si prevede, pertanto, una delega al Governo per l'adozione di un decreto legislativo per la costituzione di un Fondo per l'erogazione di una maggiorazione del trattamento previdenziale o dell'assegno sociale per i lavoratori precari delle aree sottoutilizzate. In sede di prima applicazione e in via sperimentale si prevede che tale Fondo venga istituito per i lavoratori precari della Regione Siciliana, operanti presso le pubbliche amministrazioni, le cooperative sociali e le organizzazioni non lucrative di utilità sociale a decorrere dall'anno 1988 e fino al 31 dicembre 2005. Il Fondo sarà destinato ad erogare una maggiorazione del trattamento previdenziale e dell'assegno sociale per i lavoratori impiegati, per periodi transitori, presso le pubbliche amministrazioni, le cooperative sociali e le organizzazioni non lucrative di utilità sociale quali i lavoratori di cui all'articolo 23 della legge n. 67 del 1988, alla legge della Regione Siciliana n. 85 del 1995, al decreto legislativo n. 81 del 2000, e alla legge della Regione Siciliana n. 24 del 2000, che abbiano un reddito inferiore a quello corrispondente al trattamento previdenziale previsto dal fondo pensione lavoratori dipendenti integrato al minimo. La maggiorazione del trattamento previdenziale o dell'assegno sociale sarà erogata al conseguimento dell'età pensionabile esclusivamente ai lavoratori che possano documentare l'effettiva prestazione di lavoro «precario» per un periodo, anche non continuativo, di almeno cinque anni. Per questo, si prevede l'attribuzione di una dotazione al Fondo per ciascun lavoratore che, in possesso dei requisiti richiesti, presenti domanda per la maggiorazione del trattamento previdenziale o dell'assegno sociale, per ogni anno di lavoro effettivamente svolto. Tra i criteri per l'adozione del decreto delegato, si prevede anche la totalizzazione dei periodi assicurativi per i lavoratori «precari» cui si applichi il regime retributivo o misto, in deroga al requisito minimo di iscrizione previsto dall'articolo 1 del decreto legislativo n. 42 del 2006.
      Per la stabilizzazione dei precari, la riqualificazione dei lavoratori temporanei, la riduzione dell'onere per il bilancio dello Stato e per le amministrazioni decentrate che sostengono il costo della retribuzione, per porre argine alla formazione di nuovo precariato, all'articolo 6 si prevede una delega al Governo per l'adozione di un decreto legislativo secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) aggiornamento della banca dati per il censimento dei precari, delle posizioni lavorative, della formazione e dell'esperienza lavorativa;

          b) nel rispetto degli obiettivi di riduzione della spesa per il personale stabiliti dal Patto di stabilità e crescita, la creazione di una riserva del 30 per cento delle assunzioni ammesse per la pubblica amministrazione per il prossimo triennio, a favore di soggetti censiti nel bacino dei precari;

          c) nell'aggiudicazione degli appalti pubblici, l'inserimento, quale criterio prioritario, della capacità dell'appaltatore di assorbire lavoratori provenienti dal bacino dei precari per l'intera durata dell'appalto, o a tempo indeterminato, prevedendo, sia per i contratti a termine che per l'assunzione a tempo indeterminato dei precari, sgravi contributivi in misura equivalente a quelli previsti per l'assunzione di lavoratori provenienti dalle liste di mobilità;

          d) l'introduzione di norme che prevedano la perdita del sussidio previsto per il lavoro precario (quale, ad esempio, quello per i lavori socialmente utili) e della maggiorazione del trattamento previdenziale o dell'assegno sociale di cui all'articolo 5 quando il soggetto: rifiuti di essere avviato a un progetto individuale di reinserimento nel mercato del lavoro ovvero rifiuti di essere avviato a un corso di formazione professionale autorizzato dalla regione o non lo frequenti regolarmente, fatti salvi i casi di impossibilità derivante da forza maggiore; non accetti l'offerta di un lavoro a tempo determinato o indeterminato

 

Pag. 5

proveniente da un datore di lavoro a una distanza non superiore a 50 chilometri dal domicilio fiscale del lavoratore.

      Gli articoli 5 e 6, che recano misure per i lavoratori precari, troveranno copertura e contestuale attuazione grazie alle risorse disposte annualmente dalle leggi finanziarie.
      Il sistema economico siciliano non è attualmente in grado di cogliere il vantaggio competitivo derivante dalle opportunità offerte dall'interazione tra università, ricerca e impresa, in termini di moltiplicatore dell'innovazione, di trasferimento tecnologico immediato, di sviluppo di nuovi processi, nuovi prodotti e servizi e nuovi mercati, di formazione e valorizzazione del «capitale umano».
      La Sicilia possiede un significativo patrimonio di saperi da investire a vantaggio tanto dell'università quanto del mondo produttivo: per questo, al capo III, agli articoli da 7 a 13, sono disposte norme per l'impiego di ricercatori nei progetti innovativi delle imprese in stretta collaborazione con l'università, e per favorire, mediante il finanziamento di studi di fattibilità e di prototipi, lo sviluppo delle idee innovative elaborate congiuntamente dal settore produttivo e dal mondo della ricerca.
      All'articolo 7 si prevedono incentivi per favorire l'adozione di almeno 300 ricercatori universitari da parte di imprese, mediante finanziamento, da parte delle imprese medesime, dei posti di ricercatore nell'università nell'ambito di un settore scientifico disciplinare, per un numero di anni non inferiore a cinque. Il ricercatore collabora con l'impresa finanziatrice su progetti di ricerca di comune interesse. «L'adozione» beneficia di un credito di imposta alle imprese, in misura pari al 60 per cento degli oneri relativi al contratto con l'università.
      Attualmente, le disposizioni legislative sulle università non impediscono a un privato di finanziare un ateneo per l'attivazione di posti di ricercatore. Quando ciò succede, il ricercatore assunto dall'università collabora con l'impresa finanziatrice per un dato numero di anni, su progetti di ricerca di comune interesse. Tale collaborazione porta a significativi e innegabili vantaggi sia per le imprese che per l'università.
      L'obiettivo, per l'università, è ottenere un finanziamento privato per un posto di ricercatore o di docente universitario per un certo numero di anni: ciò consente di anticipare l'entrata in organico di nuove risorse rispetto alla programmata disponibilità di copertura economica. L'obiettivo, per l'impresa, è acquisire know-how nonché disporre di un collaboratore altamente specializzato da dedicare a innovativi progetti di ricerca, con uno sforzo economico ridotto e flessibile, di durata limitata e pari a circa un terzo del costo della stessa tipologia di risorsa se acquisita sul mercato del lavoro.
      In assenza di organiche e chiare disposizioni legislative in materia, alcuni atenei hanno attivato il meccanismo di finanziamento mediante appositi regolamenti interni (tali autonome disposizioni differiscono radicalmente le une dalle altre, sia in termini formali che sostanziali, ad esempio per durata della collaborazione, entità del finanziamento eccetera).
      Il risultato è che questa opportunità di collaborazione tra università e imprese non è ben definita; non viene pubblicizzata, quindi non è conosciuta né valorizzata appieno.
      È necessario sottolineare i vantaggi dell'«adozione» per l'università, per l'impresa e per il sistema economico; gli effetti sul bilancio dello Stato; le prospettive - non precarie - di valorizzazione e di impiego offerte da questo incentivo per gli operatori della ricerca.

      In sintesi:

          per l'università: l'onere di un ricercatore è di circa 27.000 euro all'anno (135.000 euro per un quinquennio). Se tale onere è sostenuto da un'impresa sulla base di un contratto di adozione, si «liberano» risorse in proporzione per il personale di ruolo il cui costo, in base alla legge finanziaria 1998 (legge n. 450 del 1997), «non può eccedere il 90 per cento dei

 

Pag. 6

trasferimenti statali sul Fondo per il finanziamento ordinario delle università»;

          per l'impresa: l'assunzione di un lavoratore con analoga qualifica professionale (dottore di ricerca, professionista specializzato con non meno di tre anni di esperienza) costerebbe all'impresa non meno di 80.000 euro all'anno, con un onere complessivo pari a 400.000 euro nei cinque anni; attivando una collaborazione costante con l'università su queste basi, l'impresa non ha bisogno neppure di costituire uno «stabile» ufficio di ricerca, e può evitare di sostenere i relativi oneri, che gravano in cifra fissa sul bilancio dell'azienda; inoltre può acquisire, grazie all'università, competenze e conoscenze sempre aggiornate;

          per il bilancio dello Stato: l'onere è, al più, commisurato alla riduzione di gettito connessa al credito d'imposta previsto dalla presente proposta di legge, in parte compensata dai vantaggi in termini di maggiori introiti derivanti dal prelievo fiscale e contributivo sui redditi dei ricercatori, e, in prospettiva, dal «volano» di crescita e di competitività del sistema che così si determina, con effetti sulla propensione all'investimento e al consumo;

          per il sistema economico: il vantaggio deriva dalle opportunità in termini di moltiplicatore dell'innovazione connesso all'alleanza tra università e impresa, dal trasferimento tecnologico immediato che si realizza, dalla crescita di nuovi processi, nuovi prodotti e servizi e nuovi mercati, dall'acquisizione di conoscenze per le imprese e le università, dalla formazione di «capitale umano».

      L'università deve «ex ante», quando decide di attivare un determinato numero di «contratti di adozione» di ricercatori con imprese, valutare:

          1) quante risorse e quali posti si liberano per cessazioni dall'impiego (turn-over) alla scadenza dei cinque anni di «adozione» dell'impresa, in modo da inserire stabilmente il ricercatore nell'organico dell'università;

          2) il tasso medio «di abbandono» dei ricercatori al termine del periodo di «adozione» (perché assunto dall'impresa-madre o da altre imprese, perché si trasferisce presso altre università o all'estero, eccetera);

          3) il carico didattico programmato e programmabile, decorsi i cinque anni, delle diverse discipline previste da ogni singola facoltà nell'ateneo; teoricamente, infatti, le risorse derivanti dal turn-over devono essere riassegnate in base al carico didattico e di ricerca di ogni singola disciplina.

      I vantaggi dell'«affido» esterno del ricercatore per l'università sono concreti; tra gli altri:

          a) si anticipa l'assunzione dei ricercatori rispetto al momento in cui si libererebbero risorse dal turn-over;

          b) i ricercatori beneficiano del contatto con l'impresa e del rapporto diretto con i mercati;

          c) al termine dell'«affido» si ha «un'iniezione» rapida di ricercatori.

      Per sollecitare le imprese a introdurre nuove tecnologie per servizi, prodotti o processi, e il mondo della ricerca a sviluppare innovazioni immediatamente applicabili, che abbiano requisiti di produttività, in tempi compatibili con i cicli aziendali, all'articolo 8 si prevede un credito d'imposta, come incentivo automatico, su spese documentate o documentabili sostenute per lo sviluppo di un progetto innovativo da imprese, costituite anche in forma associata.
      Lo «sviluppo» dell'idea innovativa è complesso e costoso, e sono necessari adeguati incentivi finanziari sia per individuare le applicazioni - e il mercato - potenziali, sia per elaborare il prototipo del prodotto finale. Per favorire l'integrazione tra ricerca e settore produttivo, agli articoli 9 e 10 si introduce un incentivo assegnato con gara in due fasi: una dote massima di 100.000 euro per l'elaborazione dello studio di fattibilità di un

 

Pag. 7

progetto innovativo elaborato da un istituto di ricerca - pubblico o privato - in stretta collaborazione con una o più imprese, potenziali utilizzatrici del frutto della ricerca. Nella seconda fase, un'ulteriore dote - un massimo di 500.000 euro - è attribuita al progetto che ha già beneficiato del contributo della prima fase, per l'elaborazione del prototipo che incorpora l'innovazione.
      Per lo «sviluppo delle idee innovative» si prevede, in fase di prima applicazione, una dotazione di 20 milioni di euro assegnata a un Fondo per lo sviluppo dell'innovazione, di cui 17,5 milioni di euro attribuiti in prima attuazione e in via sperimentale alla Regione Siciliana.
      Occorre infatti considerare che: il meccanismo è «premiale» e prevede una selezione dei migliori progetti. Se immaginiamo che la selezione porti ad individuare 50 progetti innovativi e che a questi sia attribuita, il primo anno, la dote massima di 100.000 euro, e che successivamente solo alla metà di questi (25 progetti) sia attribuita la dote di 500.000 euro (perché solo per la metà dei progetti lo studio di fattibilità si è concluso con esito positivo, e quindi vale la pena di sviluppare il progetto) il costo da sostenere è pari a 5 milioni di euro il primo anno; 12,5 milioni di euro il secondo anno.
      Le infrastrutture siciliane scontano limiti e ritardi che rallentano lo sviluppo non solo dell'isola ma dell'intero «sistema Paese». Le dotazioni infrastrutturali dell'isola devono essere fortemente potenziate attraverso interventi prioritari per adeguarle alla media nazionale e per integrarle con le nuove reti di trasporto dell'Unione europea e, in particolare, con il progetto delle Autostrade del mare. Un obiettivo di questa natura richiede risorse ingenti, che possono essere meglio raccolte attraverso un virtuoso intreccio tra maggiore disponibilità di finanziamenti pubblici, una più efficiente capacità di spesa delle amministrazioni pubbliche locali e la partecipazione di partner privati.
      Per la realizzazione delle infrastrutture essenziali per il rilancio dell'isola, riteniamo prioritario:

          1) mobilitare capitali privati;

          2) migliorare la capacità di spesa delle amministrazioni;

          3) ridurre i tempi delle procedure di spesa e di realizzazione delle opere.

      Al fine di mobilitare capitali privati per la realizzazione delle infrastrutture e migliorare la capacità di spesa delle amministrazioni, proponiamo, all'articolo 14, di rafforzare ed estendere le competenze dell'Unità tecnica di finanza di progetto, istituita dal centrosinistra con la legge n. 144 del 1999, che dovrà, in particolare, operare come task force di assistenza tecnica alle amministrazioni territoriali e locali, per il montaggio dei progetti, per l'attrazione di risorse private per il finanziamento di infrastrutture, e per l'accelerazione dei procedimenti amministrativi necessari alla realizzazione delle opere.
      Per l'attrazione dei capitali privati, occorre innanzitutto sviluppare e diffondere la tecnica della finanza di progetto.
      La finanza di progetto, che può prevedere il finanziamento totale (project finance puro) o parziale (corporate finance) con capitale privato dell'investimento programmato, consente infatti:

          a) di individuare le diverse fonti (pubbliche e private) e le differenti modalità (finanziamenti bancari a medio e lungo termine, ricorso al mercato, contributi a fondo perduto in conto capitale e in conto gestione eccetera) di finanziamento di un progetto di investimento;

          b) di «minimizzare» l'impiego di risorse pubbliche, spostando l'onere finanziario della realizzazione e della gestione dei grandi progetti dalla fiscalità generale al mercato;

          c) di valutare il grado di rilevanza imprenditoriale di un progetto di investimento, in relazione alla capacità di ottenere dalla gestione dell'opera un flusso di cassa sufficiente a rimborsare i prestiti e

 

Pag. 8

ad assicurare una remunerazione adeguata al capitale investito;

          d) di ripartire in modo ottimale il rischio tra i soggetti coinvolti, definendo impegni contrattuali e responsabilità;

          e) di ottenere maggiori livelli di efficienza nella gestione dei pubblici servizi, anche mediante l'individuazione delle più razionali modalità di determinazione di tariffe o di prezzi amministrati;

          f) di favorire la ristrutturazione della fiscalità generale, in modo che l'utenza paghi il «vero costo» del servizio, senza che inutili gravami fiscali diano luogo a una percezione distorta dell'onere effettivo del servizio.

      Per consentire la conoscenza, la diffusione, e l'applicazione della finanza di progetto, anche su interventi realizzati a scala locale, occorre fornire un adeguato supporto organizzativo e di assistenza tecnica alle amministrazioni che appaltano la realizzazione dell'opera.
      L'Unità tecnica per la finanza di progetto, istituita dall'articolo 7 della legge n. 144 del 1999, con un organico di 15 unità, scelte in parte tra professionalità delle amministrazioni dello Stato e in parte tra professionalità esterne che operano nei settori tecnico-ingegneristico, economico-finanziario e giuridico, viene rafforzata nell'organico e nella missione a essa affidata in modo che, sul modello della «Private Finance Initiative» operante presso il Ministero del tesoro inglese, possa svolgere le seguenti funzioni:

          1) individuazione della struttura economico-finanziaria ottimale dei programmi di opere;

          2) applicazione di tecniche finanziarie innovative (come il «project finance» o «finanza di progetto») nella realizzazione di infrastrutture;

          3) elaborazione di forme di gestione efficienti delle opere realizzate;

          4) monitoraggio degli interventi in corso di realizzazione.

      L'Unità tecnica dovrà essenzialmente contribuire alla riduzione dei tempi di progettazione, alla realizzazione e all'avvio della gestione delle opere, anche perché quanto più è rapida la «messa in opera» del progetto - dalla fase di idea a quella di progettazione, realizzazione e gestione - tanto più è possibile contenere i rischi dell'operazione e attirare capitale privato.
      In concreto, dovrà curare la verifica della fattibilità finanziaria dell'idea progettuale - da realizzare - ove possibile - con il contributo del capitale privato - nonché la strutturazione dell'iniziativa dal punto di vista tecnico, giuridico, finanziario, fino alla sottoscrizione di tutti gli accordi negoziali principali, inclusi quelli relativi alla gestione dell'iniziativa.
      Ai fini della bancabilità dell'intervento, l'Unità tecnica dovrà verificare il livello di progettualità, i tempi necessari alla cantierabilità delle opere, nonché lo stato di copertura amministrativa e finanziaria dei programmi di opere.
      Per razionalizzare la spesa pubblica per investimenti, l'Unità tecnica dovrà sostenere le amministrazioni nella messa a punto del piano economico-finanziario dei progetti, che dovrà, in particolare, evidenziare:

          1) la possibilità per l'amministrazione di esercitare con profitto la gestione dei servizi, direttamente o indirettamente o mediante affidamento a terzi;

          2) l'efficacia dei progetti nel territorio in termini di «integrazione territoriale», di miglioramento dei servizi connessi (infrastrutture «a rete»), di occupazione, di reddito indotto;

          3) la stima della domanda potenziale e la potenzialità produttiva;

          4) i costi di investimento, i tempi di realizzazione e l'incidenza delle rate di ammortamento tecnico;

          5) le fonti di finanziamento dell'opera e l'ammortamento finanziario;

          6) il livello ottimale e l'eventuale adeguamento delle tariffe in relazione al miglioramento qualitativo del servizio;

 

Pag. 9

          7) i costi di gestione;

          8) i costi di esercizio;

          9) gli eventuali proventi non derivanti da tariffa, compresi i contributi comunitari, statali, regionali;

          10) le condizioni di equilibrio economico-finanziario dell'investimento.

      A questo scopo dovrà offrire adeguata assistenza all'amministrazione per valutare:

          1) la fattibilità economico-finanziaria dell'iniziativa;

          2) le caratteristiche tecnologiche del progetto;

          3) la struttura commerciale del mercato di riferimento;

          4) la possibilità di applicare un prezzo o una tariffa accettabile per il mercato e in grado di garantire una redditività soddisfacente;

          5) i meccanismi di variazione dei prezzi/tariffe;

          6) il livello e le modalità del contributo pubblico;

          7) i termini di concessione per la gestione dell'opera o del servizio a privati.

      Per superare gli ostacoli procedimentali nell'iter amministrativo e autorizzativo, l'Unità tecnica potrà disporre l'applicazione di strumenti di concertazione e di programmazione negoziata, quali patti territoriali, accordi e intese di programma eccetera.
      L'Unità tecnica dovrà fornire all'amministrazione elementi per la copertura finanziaria dei programmi di opere, mediante attivazione di tutte le risorse pubbliche e private disponibili: comunitarie, nazionali, prestiti della Banca europea degli investimenti, partecipazione di istituti bancari specializzati nella sottoscrizione di equities delle società di progetto e di gestione del progetto nelle iniziative realizzate in project finance eccetera.
      Può inoltre favorire l'introduzione di nuove norme o l'aggiornamento delle disposizioni normative e regolamentari esistenti in materia; può formulare proposte finalizzate all'ampliamento dell'ambito di applicazione della finanza di progetto, superando gli ostacoli e i vincoli esistenti con soluzioni tecniche, finanziarie e legislative innovative.
      Dovrà, in particolare, svolgere funzioni di indirizzo, di raccordo con la programmazione di spesa per opere pubbliche, di monitoraggio per sostenere l'azione dei poteri pubblici in materia, anche:

          a) stimando l'ammontare di risorse pubbliche e private necessarie all'attivazione della finanza di progetto nei singoli settori;

          b) formulando pareri e raccomandazioni in materia di riforma degli incentivi e benefici pubblici nel settore, in modo da incidere sia sulla riduzione della spesa in conto capitale (nella realizzazione dell'opera) che sul contenimento della spesa corrente (nella gestione dei pubblici servizi).

      Per l'immediata realizzazione di infrastrutture urgenti nella Regione Siciliana, individuate, con priorità, dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, all'articolo 15 si prevede un'autorizzazione di spesa di 10 milioni di euro all'anno per dodici anni, a decorrere dall'anno 2007.
      Il sistema produttivo della Sicilia è in gran parte costituito da piccole e medie imprese e da microimprese. Occorre quindi creare le condizioni per specifiche opportunità di sviluppo e crescita anche di queste imprese, con risorse finanziarie consistenti e a un costo allineato al mercato nazionale.
      In tutto il Mezzogiorno e, in particolare, in Sicilia, riteniamo essenziale favorire una progressiva evoluzione del sistema dei consorzi di garanzia collettiva fidi (confidi), sostenendone la trasformazione in intermediari finanziari veri e propri, con requisiti dimensionali e patrimoniali adeguati.

 

Pag. 10


      In Sicilia, dopo l'approvazione della legge regionale n. 11 del 2005 - che ha, tra l'altro, lo scopo di favorire l'accorpamento e la fusione tra i consorzi di garanzia fidi esistenti - le aggregazioni realizzate hanno determinato una riduzione dei confidi esistenti (da 79 a 70). Un numero comunque troppo elevato in relazione all'esigenza di adeguare il sistema di garanzia regionale ai parametri di «Basilea II», tenuto conto che la legge regionale dispone incentivi alle aggregazioni fino al dicembre 2006.
      Le modifiche intervenute con «Basilea II» e nella legislazione nazionale impongono ai confidi di adeguarsi alle nuove procedure e di sviluppare un nuovo modello organizzativo. Per questo appaiono necessari interventi di tipo legislativo e strutturale, con modifiche nelle dimensioni e nell'organizzazione delle strutture che consentano un rapido adeguamento delle forme tecniche di garanzia finora utilizzate. La possibilità di rilasciare garanzie «a prima richiesta», come previsto da «Basilea II», sono, infatti, necessariamente subordinate ai cambiamenti strutturali.
      Dal punto di vista strutturale appare necessario favorire da un lato la crescita associativa, con l'aumento degli associati e l'incremento del contributo al fondo consortile; dall'altro sostenere e rendere agevole l'aggregazione di più confidi, incentivando, anche oltre il termine previsto dalla legge regionale, aggregazioni e fusioni.
      La crescita associativa dei consorzi siciliani deve essere tale da garantire una dimensione efficiente, dal punto di vista operativo e del rating, dei confidi esistenti.
      Uno dei vantaggi immediati dell'aggregazione sono maggiori economie nella fornitura dei servizi; l'ampliarsi della base degli associati non può che avere ripercussioni positive sulla redditività dei confidi con la possibilità di suddividere i costi su una maggiore base di servizi. Inoltre, con l'aggregazione i confidi disporranno di risorse più ampie per il rilascio di garanzie con più alto grado di copertura.

      Per favorire la crescita dimensionale dei confidi, all'articolo 16 si propone che i versamenti compiuti dai soci, compresi i soci sostenitori, al fondo rischi dei consorzi di garanzia collettiva fidi localizzati in Sicilia, siano integrati con un contributo, a carico dello Stato, pari al doppio dell'ammontare di ciascun versamento.
      Si introducono inoltre agevolazioni specifiche per favorire, entro breve tempo, l'accorpamento e la fusione tra i numerosi consorzi fidi attualmente esistenti sul territorio regionale siciliano: analogamente a quanto previsto per i confidi del commercio dalla riforma attuata dal centrosinistra con il decreto legislativo n. 114 del 1998, si prevede un contributo diretto ad integrare la disponibilità del fondo del consorzio e della cooperativa che risulti dalla fusione, destinato alla prestazione di garanzie a favore delle imprese consorziate o socie. Il contributo sarà concesso come moltiplicatore di tale fondo, entro un valore limite per ciascuna operazione di fusione, a condizione che dall'operazione di concentrazione o fusione derivino adeguati mezzi patrimoniali.
      Gran parte delle PMI italiane, soprattutto nel mezzogiorno, hanno una struttura proprietaria concentrata sul nucleo familiare; la successione e lo sviluppo dimensionale dell'impresa sono ostacolate dall'assenza di merchant bank e di un mercato, anche locale, dei capitali, dove attingere risorse alternative ai prestiti bancari. Questo ha precluso l'esercizio della «corporate governance» e quindi la capacità dei finanziatori-investitori di incidere sugli assetti proprietari delle imprese mediante le leve del finanziamento, della consulenza e dell'intervento sugli equilibri di controllo. Si genera così un freno allo sviluppo dei mercati della finanza privata e, quindi, alle prospettive di crescita delle imprese, che, dipendenti in larga misura dall'autofinanziamento e dai prestiti bancari a breve, non hanno la possibilità di sviluppare investimenti ad alto rischio con un ritorno differito.
      La raccolta diretta di risparmio sui mercati dei capitali offre nuove opportunità di crescita alle PMI. Ciò nonostante, la

 

Pag. 11

maggior parte dei piccoli e medi imprenditori italiani sono poco propensi alla raccolta di risorse di mercato per la propria impresa: la partecipazione di soggetti esterni al nucleo familiare viene vista come un costo, un rischio, un vincolo. Un costo, per le spese necessarie ad attrarre risorse dal mercato; un rischio, per l'instabilità del controllo e per il timore di diventare «ostaggio del mercato»; un vincolo, perché il piccolo imprenditore mal sopporta controlli burocratici e ingerenze nei conti e nella gestione dell'azienda.
      Uno degli ostacoli principali alla raccolta di risorse finanziarie alternative ai canali tradizionali del credito da parte delle PMI è la necessità di rispettare parametri di trasparenza e redditività molto severi.
      Alcune delle operazioni necessarie a garantire piena trasparenza delle scritture contabili e affidabilità nella gestione d'impresa per i finanziatori hanno costi elevati, soprattutto in relazione alla dimensione ed al fatturato delle PMI. Si tratta inoltre di oneri fissi che possono essere ammortizzati solo qualora l'accresciuto «merito di credito» dell'impresa attiri capitali abbondanti e a basso prezzo, per finanziare investimenti aggiuntivi che aumentino la produttività e favoriscano lo sviluppo dimensionale dell'impresa.
      Ad esempio, la certificazione dei bilanci, obbligatoria per le società le cui azioni sono quotate in borsa, è uno strumento essenziale per favorire l'integrazione dell'impresa con l'attività di merchant banking, soprattutto nelle aree a ritardo di sviluppo. La selezione delle migliori imprese è infatti resa più agevole dalla possibilità di disporre di dati e di risultati confrontabili, nonché di una completa informazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa in funzionamento.
      Informazioni attendibili sulle risorse delle singole aziende e sull'utilizzo di tali risorse da parte degli amministratori favoriscono la raccolta di risorse finanziarie sui mercati dei capitali, il contenimento del costo del denaro per il capitale di prestito, l'apertura ai mercati internazionali, l'accesso alle agevolazioni e ai programmi di finanziamento dell'Unione europea e ai contributi previsti da leggi nazionali, la negoziazione di condizioni più vantaggiose con i fornitori dell'impresa, lo sviluppo dimensionale attraverso fusioni, cessioni, acquisizioni.
      Per favorire la crescita dimensionale, la raccolta di risorse di mercato e la successione di impresa, all'articolo 17 si prevedono incentivi per favorire l'investimento in titoli di imprese innovative e di piccole e medie imprese che abbiano sede legale nelle aree sottoutilizzate e, in sede di prima applicazione e in via sperimentale, nel territorio della Regione Siciliana da non meno di 12 mesi antecedenti l'acquisto dei titoli.
      Il primo incentivo è destinato ai fondi chiusi, alle banche, agli intermediari finanziari iscritti negli elenchi di cui agli articoli 106 e 107 del decreto legislativo n. 385 del 1993, alle società di gestione dei fondi comuni di investimento, alle società finanziarie per l'innovazione e lo sviluppo (SFIS): si prevede un contributo, non superiore a 10.000 euro per ciascuna operazione di acquisto, per il finanziamento delle attività di selezione dei titoli e di valutazione dei piani di ristrutturazione e di sviluppo, nonché delle necessarie analisi di mercato, in misura non superiore al 50 per cento del costo documentato e documentabile. Per ciascuna operazione beneficiaria di tale incentivo, il contributo raddoppia qualora vi sia stato effettivo acquisto di partecipazioni, anche temporanee o di minoranza, in imprese aventi sede legale nel territorio della Regione Siciliana. Parimenti, per favorire la raccolta di risorse di mercato, anche mediante fondi chiusi, da parte di imprese che abbiano sede legale nel territorio della Regione Siciliana, è concesso un contributo - in misura non superiore a 10.000 euro - per il finanziamento delle seguenti attività:

          a) certificazioni di bilancio;

          b) ristrutturazioni di bilancio;

          c) elaborazione del piano economico-finanziario;

 

Pag. 12

          d) consulenza per eventuali cessioni o ampliamenti tramite fusioni e acquisizioni;

          e) consulenza tecnico-finanziaria per elaborare progetti di sviluppo dell'impresa.

      Qualora le imprese beneficiarie di tale contributo abbiano effettivamente raccolto risorse di mercato mediante cessione di partecipazioni, anche temporanee o di minoranza, è previsto, anche in questo caso un «premio»: il contributo concesso è infatti, a richiesta, raddoppiato per il finanziamento di servizi utili alla trasparenza e alla messa a punto di iniziative di sviluppo.
      La copertura finanziaria della proposta di legge è realizzata con le seguenti modalità:

          quanto all'articolo 1 (Borsa agricola siciliana), all'articolo 7 (adozione di ricercatori universitari), all'articolo 8 (sviluppo di progetti innovativi), all'articolo 9 (Fondo per lo sviluppo dell'innovazione) e all'articolo 16 (confidi), i relativi oneri - pari a 55 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008 - sono a carico del «Fondo speciale» di conto capitale relativo al Ministero dell'economia e delle finanze;

          gli oneri relativi all'articolo 3 (organizzazione di produttori) e all'articolo 2 (credito speciale per il comparto agricolo) sono a carico del «Fondo speciale» di parte corrente relativo al Ministero delle politiche agricole e forestali, per complessivi 4,4 milioni di euro nel 2006, 1,4 milioni di euro nel 2007 e 400 mila euro nel 2008;

          quanto all'articolo 15 (infrastrutture prioritarie), si prevede un'autorizzazione di spesa di 10 milioni di euro per dodici anni a decorrere dal 2007, a carico dello stanziamento di cui alla cosiddetta «legge obiettivo» (legge n. 166 del 2002);

          quanto all'articolo 4 (riduzione dei costi energetici), si prevede il parziale utilizzo (per 5 milioni di euro per l'anno 2007) dello stanziamento di cui all'articolo 137 della legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001), che dispone di risorse non utilizzate;

          quanto all'articolo 17 (venture capital), si utilizzano le risorse previste dall'articolo 106 della medesima legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria 2001) per prestiti partecipativi.

      Gli oneri derivanti dall'attuazione delle deleghe relative ai lavoratori precari, di cui agli articoli 5 e 6, troveranno copertura contestualmente all'attuazione stessa, grazie alle risorse individuate a tal fine, annualmente, dalla legge finanziaria.

 

Pag. 13